“Non abbandonate né maltrattate gli animali” non è più soltanto una regola morale, ma anche un precetto legislativo.

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Con la L. 184/04, infatti, il nostro Legislatore ha voluto fare proprie le convinzioni delle tante associazioni animaliste che, a gran voce, chiedevano maggior tutela per quelli che sembrano ormai potersi definire i soggetti più deboli nell’ordinamento.

Ne consegue che, a seguito delle più recenti modifiche, l’art. 727 del nostro codice penale punisce con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 1.000 e 10.000 Euro chiunque abbandoni animali domestici o abituati in cattività, ovvero chi li detenga in condizioni incompatibili con la loro natura nonché produttive di gravi sofferenze.

Agli artt. 544 bis e ter resta invece affidata la disciplina delle più gravi condotte di uccisione e maltrattamenti e, in un’ottica di massima salvaguardia, tutte le disposizioni a protezione degli animali vengono interpretate estensivamente.

In particolare, la giurisprudenza è pacifica nel ritenere vadano punite non soltanto le azioni lesive o di abbandono volontarie, bensì anche quelle colpose. Sulla scia di ciò vengono dunque qualificati “abbandono” anche la mancata immediata ricerca di un animale smarrito, e “detenzione inadeguata” sia il trasporto di cani in un bagagliaio non comunicante con l’abitacolo, sia la costrizione dell’animale a catena in spazi stretti e non riparati, ovvero in un’auto posteggiata al sole.

Di regola, le condotte contro gli animali saranno punite come contravvenzione nel caso in cui generino soltanto patimento (art. 727 c.p.), come delitto quando provochino invece un’effettiva lesione dell’integrità fisica (art. 544 ter c.p.) o addirittura la morte della vittima (art. 544 bis/ter c.p.).

Precisamente, è il titolo IX bis del libro II del codice penale a disciplinare i delitti contro il sentimento per gli animali prevedendo, al già richiamato art. 544 ter, la reclusione da 3 a 18 mesi o la multa da 5.000 a 30.000 Euro per chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagioni ad un animale una lesione, lo sottoponga a sevizie, comportamenti, fatiche o lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche. Alla stessa pena, soprattutto al fine di arginare il fenomeno delle gare clandestine, soggiace anche chiunque somministri sostanze dopanti agli animali.

Importante è infine ricordare che tutte dette condotte dannose saranno punite anche se omissive e dunque non dipendenti da un’azione dell’uomo, ma da una sua mancanza.

Essendo i reati appena elencati perseguibili d’ufficio, comunque avuta notizia di un illecito spetterà all’autorità accertare la situazione impedendone, anche attraverso sequestro e confisca, ulteriori conseguenze.

Competenti all’intervento sono tutti gli organi di polizia giudiziaria (tra cui i vigili urbani), ed è bene precisare che all’interno del Corpo Forestale è stato istituito il NIRDA (Nucleo dei Reati in Danno degli Animali) che svolge controlli in tutto il territorio nazionale. A pronunciarsi su ogni concreta vicenda sarà infine, in sede penale, il Tribunale monocratico.
Pensiamoci bene dunque prima di fare del male o trascurare un animale perché, scegliendo di farlo, finiremo per incappare in seri guai con la legge, prima ancora che con la nostra coscienza. E ricordiamo anche che, in presenza di illecito, sarà preciso dovere morale di ogni cittadino attivarsi per denunciarlo all’autorità.

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