Ci può essere stalking anche senza malattia.
Commette atti persecutori chiunque, attraverso plurime condotte minacciose o comunque moleste, procuri ad altri un perdurante e grave stato di ansia o di paura, a prescindere se tale stato sia medicalmente certificato.
Così la Suprema Corte con la recente sentenza n. 49681 precisa che, perché il reato di stalking si configuri, è sufficiente che la vittima provi di aver subito un “effetto destabilizzante dell’equilibrio psicologico“, e non anche che lo stesso sia assurto a livello di “patologia”.
Secondo i giudici, infatti, la sussistenza di un patimento patologico e dunque di una vera e propria malattia rileverà ai fini della configurabilità del diverso delitto di lesioni personali (art. 582 c.p.), e non anche per una condanna ai sensi dell’art. 612 bis.
Inoltre, precisa la Corte, perché si possa parlare di stalking nemmeno è necessario che le minacce rivolte alla vittima siano portate ad esecuzione, comportando piuttosto questo ulteriore step la contestazione nei confronti dell’autore di ulteriori (e più gravi) illeciti.
Ne consegue che la vittima di atti persecutori, pur rimanendo onerata di dar prova del proprio patimento, non sarà tenuta necessariamente a farlo mediante la produzione di certificati medici.
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