Chi scopre che il proprio figlio legittimo è in realtà d’altri può essere risarcito, ma solo se la moglie sapeva.
In questi giorni il Tribunale di Reggio Emilia si è trovato a decidere su una questione alquanto spinosa.
Due coniugi, dopo 21 anni di matrimonio e un figlio, si separavano. Successivamente l’uomo veniva a sapere che l’ex moglie non gli era stata fedele e per questo, dubitando della paternità, si rivolgeva al Tribunale con un’azione di disconoscimento di quell’unico figlio. Scopriva così che il ragazzo non era biologicamente suo.
Saputa la verità, l’uomo promuoveva un ulteriore giudizio chiedendo alla ex moglie 150.000 Euro come risarcimento del danno non patrimoniale sofferto per aver scoperto, dopo vent’anni, di non essere padre.
Il Tribunale di Reggio Emilia, pur umanamente comprendendo il patimento dell’uomo, negava il risarcimento.
Secondo i giudici, seppur nel caso di specie un danno ci sia, e vada a colpire un diritto fondamentale di rango costituzionale con modalità particolarmente grave ed offensiva, questo infatti non basterebbe. Per rendere risarcibile l’illecito servirebbe anche la prova dell’elemento soggettivo del danneggiante.
Precisamente secondo il Trib. Reggio Emilia, sez. II del 24.06.2020, per ottenere il risarcimento il “padre” avrebbe dovuto provare, anche in via presuntiva, che l’ex moglie sapeva della diversa paternità e ciò nonostante sceglieva di tacergliela. Diversamente non si perfeziona alcun illecito endofamiliare risarcibile, e con esso alcun diritto al ristoro.
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