Venuto meno lo stabile riferimento della prole l’abitazione va riassegnata.
In caso di separazione e/o divorzio l’abitazione familiare viene normalmente assegnata al genitore che abbia l’affido sostanzialmente prevalente del figlio minore o comunque convivente. Questo a prescindere dall’effettiva proprietà del bene.
Ma cosa succede se il ragazzo, magari ancora studente, si allontana da casa per ragioni di lavoro o studio, o se il genitore affidatario trascorre un periodo in un’altra città portando con sè il figlio? Cosa accade se la casa familiare anziché garanzia di continuità delle abitudini e delle relazioni domestiche nate durante il matrimonio diviene luogo di visita sporadica?
A dircelo è la Cassazione che, da ultimo con la recente pronuncia 10453/22, conferma per questi casi la riassegnabilità dell’immobile al genitore che ne sia effettivamente titolare.
La motivazione è presto detta: in caso di perdurante allontanamento dalla casa di famiglia per i figli si perfeziona un nuovo habitat, con conseguente venir meno la ragione dell’assegnazione al genitore collocatario.
Questo anche quando la prole faccia successivamente ritorno a casa, riutilizzando l’abitazione “di famiglia” come principale.
Anche in questo caso l’abitazione non sarà infatti comunque più “centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la vita familiare“, non potendo mai rivivere i presupposti che ne avevano concesso l’assegnazione.
Per ottenere la riassegnazione resta comunque al genitore richiedente l’onere di prova del venir meno di quell’esigenza abitativa del figlio che aveva permesso l’originaria regolamentazione a favore del collocatario. Al Giudice invece il compito di valutare quale siano “i preminenti interessi della prole“.
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