Il conseguimento della laurea triennale non equivale ad autosufficienza.
Così si è recentemente pronunciata la sesta sezione civile della Corte di Cassazione respingendo il ricorso presentato da un padre trevigiano, divorziato, contro il provvedimento con cui la Corte d’appello di Venezia, a conferma di quanto già stabilito dal Tribunale di Treviso, lo obbligava a continuare a corrispondere l’assegno mensile di Euro 850 per il mantenimento della figlia ventiseienne neolaureata.
Secondo la giurisprudenza, infatti, l’obbligo di mantenimento dei figli perdura fino al raggiungimento della loro indipendenza economica, la quale deve essere provata dal genitore che voglia essere liberato e che non necessariamente coincide con il raggiungimento di un titolo di studio, tanto più se intermedio.
Secondo la Corte di Legittimità, difatti, è soltanto la percezione di un reddito corrispondente alla propria professionalità a rendere economicamente indipendenti.
In ogni caso, per i giudici, la valutazione sull’opportunità di far cessare l’obbligo di mantenimento non potrà trascurare l’età del beneficiario, il suo impegno nella ricerca di un’occupazione e la sua complessiva condotta personale. Criteri questi che dovranno essere analizzati, con il maturare dell’età del ragazzo, con sempre crescente rigore.
L’obbligo di mantenimento, infatti, non può gravare sui genitori oltre ragionevoli limiti di tempo, né può essere incompatibile con le loro condizioni economiche, ed iI diritto del figlio si giustifica nei limiti del perseguimento un di un progetto educativo e di un percorso di formazione.
Anche per questo la giurisprudenza è pacifica nel ritenere venga meno il diritto al mantenimento nel momento in cui il beneficiario colui rifiuti volontariamente un’offerta di lavoro per lui adeguata.
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