“Nessun credo religioso può legittimare il porto in luogo pubblico di armi o di oggetti atti ad offendere“.
Così la prima sezione della Cassazione Penale ha chiarito che la libertà di religione, garantita dall’art. 19 della nostra Costituzione, non può mai minare altre esigenze fondamentali dell’ordinamento, tra cui quelle di sicurezza e di pacifica convivenza.
Chiamata a valutare la legittimità di una sanzione inflitta avverso una condotta conforme a precetti religiosi “sikh”, ma contraria alla nostra normativa interna, la Corte ha infatti messo nero su bianco il principio per il quale “Se l’integrazione non impone l’abbandono della cultura di origine..il limite invalicabile è costituito dal rispetto dei diritti umani e della civiltà giuridica della società ospitante“.
Il caso deciso vede un indiano che, trovato a passeggiare con un coltello di 18,5 cm legato alla cintura, veniva sanzionato con un’ammenda di 2.000 Euro per ritenuta violazione dell’art. 4 L. 110/75 sulle armi.
Ma andiamo con ordine.
Per la religione “Sikh” il coltello “Kirpan” è un simbolo che ogni credente deve portare con sé, e per l’art. 19 della nostra Costituzione “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume“.
Ma basta questo per ammettere che un precetto religioso privi di efficacia una norma interna, nella specie integrando un “giustificato motivo” per detenere fuori casa un’arma impropria?
Su questo i Giudici si sono pronunciati con sentenza n. 24084 del 15.05.2017, cristallizzando “l’obbligo per l’immigrato di conformare i propri valori a quelli del mondo occidentale, in cui ha liberamente scelto di inserirsi”.
Secondo la Corte: “La decisione di stabilirsi in una società in cui è noto, e si ha consapevolezza, che i valori di riferimento sono diversi da quelli di provenienza ne impone il rispetto e non è tollerabile che l’attaccamento ai propri valori seppure leciti secondo le leggi nel paese di provenienza, porti alla violazione cosciente di quelli della società ospitante”.
Ciò conformemente alle pronunce con le quali la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha già riconosciuto in capo ai singoli Stati la possibilità di limitare la libertà di manifestare una religione che appaia in contrasto con la tutela dei diritti e delle libertà altrui.
Non resta dunque che attendere gli eventuali risvolti che questa importante sentenza porterà in ambito di integrazione.
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