Riprodurre ironicamente un marchio non significa contraffarlo.
Chi reinterpreta con ironia una griffe non commette reato di contraffazione, ed il prodotto non merita il sequestro.
Così afferma la Suprema Corte trattando un caso in cui “canzonati” erano i loghi Fila, Gucci, Adidas, Versace, Hermes Givenchy, Balenciaga, Lacoste, Warner Bros per Batman e Superman, tutti marchi registrati. A mancare, secondo i giudici, la confondibilità fra prodotti.
Per la recentissima pronuncia, il consumatore che acquisti un bene con marchio rivisitato in chiave spiritosa non può infatti non essere consapevole di comperare un bene non originale. E questo a prescindere dalla circostanza per la quale entrambi i prodotti, falsificato e non, appartengano ad una stessa classe merceologica, ad esempio di abbigliamento. Manca in questi casi la finalizzazione del marchio alla confusione dell’acquirente , e dunque ma un elemento costitutivo dell’illecito previsto e punito dall’art. 473 c.p..
Nel concreto, dice la Corte, l’indispensabile confondibilità del bene andrà valutata di volta in volta, comparando i marchi e tenendo conto sia dell’impressione che ciascuno di essi dà nel suo insieme, sia della specifica categoria di utenti o consumatori cui il prodotto marchiato è destinato.
Concludendo vien da dire che, seguendo queste linee guida, comperare una maglietta con scritto “Versace” e subito dopo “n’altro litro” non dovrebbe dar adito a dubbi o a confusioni di sorta, non rischiando chi la produce una condanna contraffazione.
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