Il Governo Draghi sceglie il decreto legge.

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Le più recenti misure anti-covid, introdotte lo scorso 13 marzo, sono contenute in un decreto legge e non più in un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Da mesi siamo abituati a associare le prescrizioni anti-covid ai D.P.C.M., ovvero a provvedimenti amministrativi emanati da un solo soggetto. Eppure l’ultimo decreto, contenente misure di contrasto all’emergenza e la previsione di congedi da lavoro e bonus baby sitter, reca la sigla D.L..

Cosa cambia?

Formalmente molto. In sostanza non così tanto.

Anzitutto, il decreto legge, a differenza del diverso provvedimento, è voluto dall’intero Governo e non dal solo suo Capo. E’ a firma del Presidente della Repubblica e può essere emesso soltanto “in casi straordinari di necessità ed urgenza” secondo quanto prescritto dall’art. 77 della Costituzione.

Inoltre ha forza di legge, seppur per soli 60 giorni. Decorso questo tempo, infatti, per continuare a mostrare efficacia il decreto dovrà essere convertito in legge dal Parlamento. Diversamente decadrà, perdendo efficacia fin dall’inizio, con potere delle Camere di regolare i rapporti giuridici frattanto sorti.

Pertanto il D.L. non è un provvedimento amministrativo, e non potrà essere direttamente disapplicato dall’Autorità giudiziaria che si debba pronunciare su una fattispecie anche con esso regolata (in punto ved. Trib. pen. Reggio Emilia pronuncia 54/21 che prevede espressamente la disapplicabilità dei D.P.C.M., ritenuti del tutto illegittimi). Piuttosto il decreto legge potrà essere sottoposto al vaglio della Corte Costituzionale, cosa che non può accadere invece quando in esame sia un D.P.C.M..

Ciò premesso in punto di forma e natura del provvedimento, vediamo in concreto quali siano le conseguenze di una violazione alle più recenti disposizioni anti-covid.

A parlarcene è lo stesso Governo che, tra le faq nel suo sito, conferma che è competenza del Prefetto valutare la sussistenza o meno dei giustificati motivi/situazioni di necessità che si adducono a ragione di uno spostamento contestato.

E’ a Lui che il cittadino può presentare difese ed è Lui che deve decidere di annullare la contestazione o di confermarla, in questo secondo caso notificando a chi venga considerato trasgressore un’ordinanza ingiunzione impugnabile avanti al Giudice di Pace.

E’ bene in proposito ricordare che sia le difese al Prefetto che il ricorso al G.d.P. possono essere presentate dall’interessato anche autonomamente, senza l’ausilio di un legale, e che per l’impugnazione giudiziale è sempre dovuto con un contributo unificato pari, di regola, a 43.00 euro.

Si rimanda a un nostro precedente contributo in materia.

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