Come noto, presto gli italiani saranno chiamati alle urne per dare o meno definitiva conferma al progetto di riforma costituzionale “Boschi”, approvato in Parlamento lo scorso aprile con maggioranza inidonea a permetterne l’immediata promulgazione.
Importante è sapere che, a differenza dell’abrogativo, il referendum costituzionale manca della previsione di un quorum costitutivo, permettendo di arrivare ad un risultato valido a prescindere dal numero dei votanti. Per questo, un eventuale astensionismo non potrà essere di alcuna utilità nemmeno per i contrari alla riforma.
Altra particolarità è che al prossimo referendum sarà ammessa una sola preferenza a fronte di un blocco di molteplici e variegati punti di riforma, con conseguente impossibilità dell’entrata in vigore di soltanto alcune delle novità previste dal disegno di legge. In altri termini, che ci piaccia o meno, la prossima consultazione sarà ispirata al criterio del “o tutto, o niente“.
Scendendo al concreto della riforma è dunque necessario sapere che, a seguito del sì:
1. avrà fine il cosiddetto “bicameralismo perfetto”, sistema che comporta l’assoluta parità fra Camera e Senato, e con esso avrà termine anche la necessità, ai fini di emanazione di una legge, di una sua doppia approvazione senza modifiche da parte di entrambi i rami del Parlamento. Il Senato, ridotta la sua funzione legislativa e perso il potere di votare la fiducia al Governo, diverrà sostanzialmente l’organo deputato al raccordo fra Stato ed Enti Locali;
2. i Senatori verranno portati a 100 (ora sono 315), con limitazione della nomina a vita per i soli ex Presidenti della Repubblica. Novantacinque dei cento saranno eletti, senza limiti di età, da e tra i rappresentati delle Regioni. Essi manterranno la carica per la durata del loro mandato locale e guadagneranno l’immunità parlamentare. Non è prevista per loro alcuna retribuzione aggiuntiva rispetto a quella di amministratori. I rimanenti cinque senatori saranno nominati dal Presidente della Repubblica per la durata di 7 anni;
3. verrà modificata la suddivisione di competenze tra Stato e Regioni conseguita alla riforma federalista del titolo V. Precisamente verrà eliminata la competenza concorrente (per la quale, in determinate materie, legifera la Regione su principi fondamentali dettati dallo Stato) ed alcune delle materie rientranti in detta categoria saranno riassegnate allo Stato. Inoltre sarà introdotta una “clausola di supremazia” in base alla quale lo Stato, a fini di tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero nell’interesse nazionale, potrà intervenire sulle materie non riservate alla legislazione esclusiva;
4. saranno possibili, come meccanismo premiale per Regioni a statuto ordinario che presentino un equilibrio di bilancio tra entrate e spese, particolari forme di autonomia (“regionalismo differenziato”).
5. il Presidente della Repubblica sarà eletto dal solo Parlamento e non avrà più il potere di più sciogliere il Senato. Sarà sostituito, in caso di assenza, dal Presidente della Camera che diventerà, al posto del Presidente del Senato, la seconda carica dello Stato;
6. verrà innalzato da 50.000 a 150.000 il numero di firme richieste per la presentazione di un progetto di legge popolare e, per il caso di richiesta di referendum abrogativo, pur rimanendo fisso il tetto minimo di 500.000 firme, una volta raggiunte le 800.000 il quorum costitutivo della maggioranza degli aventi diritto sarà sostituito da quello della maggioranza dei votanti alle ultime elezioni. Saranno possibili inoltre referendum popolari propositivi (già previsti in Italia solo in Valle d’Aosta e a Bolzano) finalizzati alla consultazione su temi specifici sui quali vi sia l’intenzione di presentare un progetto di legge. Tale progetto dovrà conseguentemente essere in linea con la volontà popolare manifestata;
7. verrà introdotta una via preferenziale per l’approvazione di disegni di legge considerati essenziali nel programma di Governo: in questi casi la Camera, accolta entro 5 giorni la richiesta di adottare tale iter, discuterà ed approverà la proposta entro 70 giorni;
8. la nomina dei Giudici della Corte Costituzionale verrà affidata, oltre che al Presidente della Repubblica (5 Giudici) e alla magistratura (5 Giudici), separatamente a Camera (3 Giudici) e Senato (2 Giudici);
9. verranno aboliti il CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro), organo di consulenza del Governo e del Parlamento, e le Province;
10. verrà garantita a livello costituzionale la promozione dell’equilibrio tra i sessi in Parlamento, e verrà introdotta la possibilità di ricorrere alla Corte Costituzionale per ottenere, prima che le stesse siano promulgate, un giudizio di legittimità sulle leggi che disciplinano l’elezione dei parlamentari.
Non ci resta dunque che aspettare il 4 dicembre per capire se gli italiani siano o meno disposti ad accettare, in blocco, tante e tali novità.
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